Chiara Sgarbi / 6 maggio 2019
Il sentimento del ferro è un libro capace di risucchiarti e risputarti fuori più consapevole grazie agli argomenti sui quali ti porta a riflettere mentre ti ha intrattenuto con una narrazione frizzante.
La trama è avvincente ma ricca di dettagli e con un approccio quasi storico ma mai noioso, anzi pieno di brio. Un romanzo che si divora riuscendo a digerirlo, complici i due piani temporali in cui questa spy story si sviluppa: gli anni ‘40 e gli anni ‘80 del 900 che sono alternati benissimo per creare ritmo e farti conoscere sempre meglio i personaggi.
È un libro sui motivi delle persone, sulle ragioni che spingono ad agire.
Ogni personaggio ha il suo scopo ben definito e si amalgama o scontra con quello degli altri ma il motivo è molto chiaro e spesso diverso: Shlomo e Anton rincorrono lo stesso obiettivo ma ci arrivano da percorsi e da sentimenti diversi cioè vendicarsi del carnefice nazista che gli ha segnato la vita.
Ci sono capitoli di dolore che è però raccontato senza voglia di impressionare ma con la necessità di raccontare.
Gli argomenti angoscianti non devono essere edulcorati e resi più digeribili allontanandoli dalla realtà ma vanno bilanciati e mescolati con l’umanità e la speranza.
Questo crea sia consapevolezza che slancio positivo verso una soluzione o comunque un’idea di possibile cambiamento in posizione, reazione e non depressione ed è esattamente quello che riesce a fare Il sentimento del ferro.
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