Redazione / 9-10-2023
Di seguito riportiamo la terza delle migliori lettere inviateci in redazione e ispirate al romanzo di Virginie Despentes, Caro stronzo.
L’autrice è ayumu_books.
Caro stronzo,
mi davi spesso della stupida solo perché facevo cose in modi che tu non capivi.
Mi dicevi che i libri mi avrebbero fottuto il cervello; di smetterla di aspettarmi che tu facessi di più.
Di smetterla di chiederti di fidarti di me ogni volta che mi lasciavi da sola. Perché tu, di me, ti fidavi, ma il problema erano sempre gli altri.
E ora sono qui, a scrivere l’ennesima lettera che non ti arriverà mai (resteresti sorpreso nello scoprire quante ne ho conservate).
L’ennesima lettera per ricordare a me stessa in che modo hai colmato e straziato i miei anni.
Perché, nonostante non stessimo più insieme, io nel tempo ho continuato a pensare alle cose belle che questa relazione mi ha dato. Ma quando, poi, rinsavendo aprivo il baratro, vedevo tutt’altro.
Tutto ciò che non avrei mai potuto cambiare, nonostante avessi tentato. E vedevo i deliri di gelosia. Gli istanti in cui hai provato a convincermi che fossi una merda; che mi comportassi da scema.
Che non valessi abbastanza. Che il mondo era pieno di persone migliori di me. E per un attimo lungo una vita, caro stronzo, ho pensato davvero di essere nulla.
Un giorno, per sbaglio, mentre mi alzavo dal letto, ti avevo pestato una scarpa. Bene, ricordi il modo in cui me lo facessi pesare? Perché quell’attimo è marchiato a fuoco nella mia testa. E non potrò cancellarlo.
Così come non potrò mai cancellare i litigi, gli screzi, le discussioni: il tuo modo di percepire la mia esistenza come una tua proprietà.
E in tutti questi bassi su bassi, confusi e asfissianti, vedevo me. Io in tutto questo vedevo me. Perché tu non mi permettevi più di esserne in grado.
E son venuta alla conclusione che non avesse più senso tenere in piedi qualcosa che avrei semplicemente dovuto spezzare.
Perché tu eri il mio bene più grande ma amarti mi faceva un sacco di male. A volte fisico ma il resto del tempo mentale.
Ciononostante, caro stronzo, ti ho amato con una parte di me che non ho più mostrato a nessuno; e odiato in modi a cui un amore genuino non avrebbe dovuto portare.
E quando ti dicevo che desideravo un amore folle, non mentivo. Ma non lo avevo mai, e dico mai, chiesto malato.
Ma devo riconoscerti un dono: sei stata quella tossicità distruttiva di cui ho avuto bisogno per capire che la vita non dev’essere necessariamente pensata per due.
E ne ho preso coscienza a distanza di anni, quando guardando al futuro non proiettavo più noi ma iniziavo a vedere soltanto me.
Perché a volte, da soli, si riesce ad amarsi di più.