Emma Barbaro/ 17 maggio 2019
C’è l’ascia che, simbolicamente, spezza la catena che tiene imbrigliate le braccia di uno schiavo. E poi c’è la catena invisibile di una schiavitù che sottomette anima, mente e cuore piegando l’umanità ai principi della mercificazione degli interessi. Un giogo che, in fondo, non si spezza mai. Un marchio a fuoco che accompagna uomini e donne, carnefici e vittime, dalla nascita fino alla morte.
“Ascia nera” sarebbe potuta essere la narrazione della sopraffazione scritta a partire dalle voci delle vittime. E invece è un’inchiesta vivida, pulsante, e forse per questo ancora più vera, che inchioda alle proprie responsabilità gli aguzzini. I reali esecutori di una serie di crimini contro l’umanità.
I Black Axe, le famigerate asce nere nigeriane, sono gli elementi di spicco di una mafia che non fa sconti ma miete vittime. Dalla tratta degli esseri umani allo spaccio di droga rappresentano, oggi, il fulcro pensante di un’organizzazione tentacolare che conta basisti in ogni angolo del globo. La cui forza e pervasività si fondano su una spiritualità marcata che, partendo dalle chiese pentecostali, riesce a implementare costantemente il numero di affiliati e proseliti.
“Noi non siamo come le vostre mafie. Non abbiamo una famiglia che ci guida, ma un capo spirituale. Un uomo che interpreta il messaggio del movimento e tiene la testa alta davanti allo stato e a chi ci vuole male.”
In questo meccanismo complesso, religione e disperazione diventano dei mantra. Grazie ai quali i Black Axe sono riusciti, anche nel Bel Paese, a collaborare coi sistemi criminali autoctoni fino a rendersi parte integrante di un’unica cupola del male.
Dato il contesto di riferimento, Leonardo Palmisano ha il grande merito di raccontare il sistema nigeriano dal suo interno attraverso un lucido reportage del reale. E lo fa, lui sì, da potenziale vittima che i potenti Black Axe hanno tentato di imbavagliare. Con “Ascia Nera” l’autore porta a compimento una trilogia dell’orrore iniziata con libri del calibro di “Ghetto Italia” e “Mafia Caporale”.
Un’apologia della crudeltà che trova il suo acme nella narrazione di un sistema, quello nigeriano, che rischia di cristallizzare la propria volontà di potenza. Che non fa sconti e non teme rivali. Che si nutre del silenzio delle vittime, degli esecutori materiali, e delle istituzioni a tutti i livelli.
Ma se è vero che loro “sono la rete”, come afferma un giovane affiliato che ha vissuto a più riprese nel ghetto di Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, a noi spetta il compito di non lasciarci imbrigliare. Di guardare alla realtà che ci circonda con lo sguardo vergine di chi sa di non avere delle risposte ma solo valide domande. “Ascia Nera” è tutto questo. E, forse, anche molto di più.
[Emma Barbaro, classe 1990, è una giornalista freelance. Attualmente è caporedattrice del giornale indipendente Terre di frontiera e collabora con Repubblica-Bari. Negli ultimi anni ha curato una serie di inchieste sull’interazione tra mafie foggiane e caporalato. Con Leonardo Palmisano ha approfondito, in particolare, l’articolazione criminale nella baraccopoli di Borgo Mezzanone. Oggi considerata dalla DDA uno dei maggiori centri di proselitismo della mafia nigeriana in Puglia.]