I Quaderni Fandango: incipit creativi

Redazione / 3-01-2020

 

Ecco la selezione degli incipit creativi che in tanti avete ci avete inviato come esercizio de I Quaderni Fandango di Scrittura Creativa:

 

I riferimenti a fatti e persone di questa storia non sono per nulla casuali.
Esistono, sono esistiti, esisteranno. Cambiano i nomi, a volte. A volte neppure quelli.
Ma questa non è la loro storia. È una storia. Perché le parole sono formule magiche.
Aprono mondi, reali perché immaginati. Creano vite, reali, perché scritte.
Mischiano destini. Regalano a occhi blu la durezza di rughe altrui. Fanno cadere da altre mani quel bicchiere di vino. Il sogno ha un altro sognatore. Il blu diventa il colore preferito senza che il verde protesti, si ascoltano addirittura canzoni che non parlano di noi e quella volta quelle parole si è persino riusciti a dirle.
Il dolore, quello no, è lo stesso. Perché una storia non è una finzione e le parole scritte sono reali, come i soldi dello stipendio, il nervoso del capoufficio e il trapano del dentista.

Ilaria Maria Dondi

 

 

Quell’estate segnò la fine e l’inizio di tutto. Erano i giorni del fuoco, il tempo in cui le fiamme divorarono i rami argentati degli ulivi che ci avevano dato rifugio e ombra, ristoro e protezione. I nostri ulivi. Di quei capi verdeggianti che accarezzavano il cielo adesso non sono rimaste che dita nere e raggrinzite che sbucano dal terreno, mani di cadaveri dimenticati nella nuda terra in tombe senza nome. Non eravamo né bambini né uomini, eravamo puro divenire e guardavamo il paradiso che si stava sgretolando, mentre nel petto qualcosa ruggiva e scalciava. Quello fu il momento esatto in cui si creò il prima e il dopo. Da quell’estate le nostre strade avrebbero preso direzioni diverse, ma la cenere degli ulivi sarebbe rimasta per sempre sulle nostre spalle e nulla l’avrebbe spazzata via.

Maria Josè Di Salvo

 

 

Alcuni dicono che quel tipo sulla croce, prima di morire, abbia detto: Eli, Eli, lama sabachthani. In particolare uno che stava lì sotto se ne accorse e disse: «Sta morendo, e chiama Elia».

Antonio Esposito

 

 

Non possiamo correre da luogo a luogo senza perdere qualcosa, passare in fretta da un posto all’altro tutta la nostra mercanzia o cambiare lavoro in un minuto come più ci fa comodo. Niente impiega più tempo a viaggiare dell’anima ed è lentamente, se si sposta con il corpo, che essa lo raggiunge. Così si ingarbugliano quelli che si credono veloci, mal congiunti di necessità, perché l’anima li raggiunge a poco a poco e quando li ha raggiunti essi partono impedendole lo stesso esercizio a ritroso. Alla lunga, finiscono per credere di esistere e non esistono più.

Alessia Amato

 

 

È strano come il tempo e le circostanze riescano a distruggere tutti i piani di una vita: pochi anni, pochi mesi, pochi giorni e cambia tutto, finisce tutto, si riaprono controversie che pensavi di aver chiuso per sempre. O forse solo in parte, e adesso tornano irrimediabilmente a te.

Anna Negri

 

 

Tornò a casa, come tutte le sere, per l’ora di cena. Tolse dalle tasche portafoglio, smartphone e chiavi e le poggiò, come al solito, sopra il mobile dell’ingresso. Si tolse il giaccone e, come sempre, lo appese in anticamera. Poi, come d’abitudine, si tolse la maschera di lattice da umano e andò a riporla in bagno.

Elisabetta Zoia

 

 

Sono stanca di raccontare questa storia, perché nessuno crede che sia potuto accadere tutto questo. Allora la scrivo, sì e chi mi vorrà credere bene, altrimenti prendetelo come un romanzo esagerato, forse surreale.

Eleonora Gai

 

 

Dopo aver perso tutto, restai solo con la mia ricchezza.

Mirco Sirignano

 

 

Mi piace immaginare che la nostra storia sia iniziata nel mese di agosto 2015, mentre lui spegneva le sue quattro candeline in un Istituto di suore della Romagna e io le mie quarantuno in un campeggio in Umbria. Quel giorno ho espresso un solo desiderio che cozzava in modo impressionante con quello che stavo vivendo: volevo diventare mamma ancora una volta e quel cancro bastardo non mi avrebbe certo fermata. Ci sarebbero voluti altri tre anni prima di poterci guardare negli occhi per la prima volta.

Lisa Marcucci

 

 

Tendo evidentemente al grado minore di ordine. Entropia, è quella roba lì, dice mio cugino. E mi spiega. Che di vite ne avevo iniziate già diciamo tre, ma tutto sta a capire qual’è l’unità di misura, tipo se è morire, allora diventano due. E questa seconda forse dice male, esordio confuso ma sono fiduciosa, e terrorizzata, e assolutamente impreparata. Andrà tutto bene.

Cristina Raiconi

 

 

Mi trascino sul bagnasciuga e cerco falene moribonde per salvarle dall’abisso che sta per inghiottirle.

Giulia De Blasi

 

 

Manuelito Guaranà si ripeté che la paura è solo un’illusione, come gli aveva insegnato la zingara di Santa Rosa leggendogli i tarocchi, e così estrasse il machete e seguì la belva nel labirinto.

Marco Pinnavaia

 

 

Quando mio padre finì di raccontarmi entusiasta di questo nuovo posto in cui era finito, questa scoperta che aveva fatto quasi per caso, un bellissimo parco nella nostra città, Parigi – chissà come c’era finito, si chiedeva, e si riprometteva di portarmici il prima possibile -, rimasi sconcertata.
Erano trent’anni che mio padre viveva a Parigi, e questo parco,
Les Jardins du Luxembourg, era il posto in cui andavamo a passeggiare tutte le domeniche fin da quando ero bambina.

Veronica Nucci

 

 

È un’ora incerta. È un’ora indecisa anche per le libellule che tremano sui giunchi mentre attendo che la pioggia torni a cadere in un’esplosione di gocce d’umidità, soggiogate dal supplizio di un vagare senza rimedio.

Paolo Marcoionni

 

 

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