Una strada c’è – Voglio essere una calciatrice

Ronald Giammò/Livio D’Alessandro – 7-07-2021

Era l’estate del 2019 e il mondo era ancora quello cui eravamo abituati. Sole e afa, come sempre, amplificavano euforia e spossatezza e nessuno leggeva in loro alcun beneficio epidemiologico. Si giocavano i Mondiali femminili di calcio e l’Italia guidata da Milena Bartolini riuscì a calamitare l’attenzione di tanti appassionati che, orfani di un Mondiale mancato dagli Azzurri l’anno prima, iniziarono a seguire con sempre maggior partecipazione le imprese della Nazionale.
Tuttavia in quella partecipazione e in quell’entusiasmo c’era qualcosa che strideva, un che di agrodolce che al fischio finale anziché tradursi in caroselli e clacson offriva invece la sponda per dibattiti e riflessioni – molto spesso imbarazzanti – su ciò cui si era assistito: “non è calcio”, “è un’altra cosa”, “sì, bello, però…”. Il paese di 60 milioni di commissari tecnici che solo una vittoria della Nazionale è capace di mettere d’accordo, si ritrovava adesso diviso nel dover fare i conti con qualcosa che aveva il suo stesso nome e che non si riusciva ad accogliere fino in fondo.
Perché?
E’ da qui che siamo partiti. Per provare a capire. Per cercare delle risposte. E fin da subito ci siamo resi conto che le resistenze con cui ci si accostava a quel che andava in scena sul rettangolo verde – velocità, tecnica, fisico – altro non erano che la punta di un iceberg stratificatosi nei secoli attraverso l’antropologia, l’educazione, la famiglia, i modelli sociali: un vero e proprio garbuglio impossibile da sciogliere senza provare a risalirne tutti i fili.
Provare a compilare un manuale ci è sembrata la via più utile nonché la più pratica per affrontare questa sfida. Fare, rimboccarsi le maniche e gettarsi nella mischia anziché preoccuparsi degli ostacoli lungo il percorso. Mostrare che una strada c’è, che gli ostacoli di oggi sono ben poca cosa rispetto ai muri di chi quasi cent’anni fa ha aperto questa frontiera, e che continuare a percorrerla, esplorarla, popolarla, è l’unico modo per far sì che le resistenze di oggi possano tramutarsi nei caroselli di domani

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