E’ strana, veramente strana, la narrativa popolare. Agosto, Puglia. Associando questi due termini, tempo e spazio che si contaminano, la prima cosa che si disegna in testa sono le spiagge affollate, la musica fino a mattina, i rave, i falò, la piazzola del campeggio da prenotare per lo meno a primavera. Vortica, l’estate in Puglia, nell’immaginario popolare. Gira e gira e gira, riducendo una terra splendidamente complessa alla miseria limitata di una discoteca a cielo aperto. E quando Michele Salvemini, alias Caparezza, provò a sfondare il muro del silenzio (ben più resistente di quello del suono, da queste parti) fu pesantemente accusato di vilipendio. L’uscita di Vieni a ballare in Puglia, il suo pezzo forse più celebre e insieme sentito, provocò lo sdegno di molti amministratori, dal Gargano al Salento.Eppure, la storia dello sfruttamento nei campi comincia ben prima del 2008 (l’anno d’uscita dell’album Le dimensioni del mio caos, con il pezzo di cui sopra). Viene da un’altra epoca storica, da un altro secolo, il Ventesimo. Allora, si credeva che, con la vita, nascendo si ereditasse l’ineluttabilità di un destino sociale sempre identico: se nasci povero resti povero e, a tua volta, non puoi procreare nulla se una stirpe di altri poveri. Si era per sempre ricchi o per sempre poveri. L’eccezione la fecero le battaglie bracciantili, che portarono con sé conquiste lunghe e faticose, non senza pagare alla cassa della Storia il pegno di conti salati. Leggi: morti.
Continua a leggere su Narcomafie.it
Titolo: Ghetto Italia. I braccianti stranieri tra caporalato e sfruttamento
Autori: Yvan Sagnet e Leonardo Palmisano
Collana: Documenti
Pagine: 240
ISBN: 9788860444820