La partita dello scrittore con il campione russo che sfida Putin
di ROBERTO SAVIANOSono cresciuto giocando a scacchi. La mia prima scacchiera l’ho avuta da bambino, dono di un uomo che con i suoi racconti e il suo volermi bene mi ha indirizzato la vita. Si chiama Vittorio Marguccio. Perché quando qualcuno ti inizia agli scacchi ti sta regalando una nuova strada attraverso cui stare al mondo. I pedoni scardati, le caselle scolorite, le rigature sul legno, la sabbia o il terriccio testimoni dei luoghi in cui giocavo. Ricordo tutto di quella mia prima scacchiera.Il gioco degli scacchi è un gioco violento, forse il più violento tra gli sport – anche se io non riesco a considerarlo uno sport quanto piuttosto un modo di stare al mondo. Si può vivere con gli scacchi e si può vivere senza gli scacchi: sono due distinte categorie di persone, non ce n’è una terza.
Incontrare Garry Kasparov, quindi, è stata per me una sorta di epifania. Kasparov è un giocatore geometrico, ma allo stesso tempo, e a differenza di molti altri, non inizia una partita con una tattica prefissata. Per farsi un’idea della complessità di questo gioco basti pensare che le mosse possibili in una partita si indicano con un 1 seguito da 120 zeri. È in questo infinito che si misura la potenza di uno scacchista. Kasparov è un giocatore duttile, sa essere solido nello schieramento del suo esercito riuscendo a ottenere attacchi fulminei e letali. Giocare con lui significa provare a perdere gustandosi il proprio macello scacchistico o – ma solo se lui vorrà – lasciarsi guidare nel gioco come una novizia viene iniziata al tango da un ballerino professionista. Non danzerà bene ma almeno si divertirà.
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