“Ho sempre desiderato morire di una morte ridicola, ma non così presto.”
Marzia Capotorti è una giovane bartender cinica e sprezzante dei futili sentimentalismi, delle facili ipocrisie che la circondano e la assediano nella vita privata come al bancone del bar. In seguito a un banale incidente si ritrova in coma. Ma è un coma lucido che le permette di osservare e commentare con effetto tragicomico le pantomime da capezzale che si svolgono davanti al suo letto d’ospedale. Attraverso le visite di parenti, amici e colleghi conosciamo la quotidianità di Marzia prima dell’incidente, e al tempo stesso, attraverso l’espediente della teoria del cocktail-personalità (con cui la protagonista associa un drink a ognuno di loro), vengono presentati i personaggi principali della storia. Tutto sembrerebbe in equilibrio: Marzia domina la sua vita e le sue scelte, ha un’opinione precisa, crudele e incrollabile su ogni circostanza, attacca l’umana meschinità, ponendosi in una posizione di inevitabile superiorità morale. Tuttavia, dall’insolito punto d’osservazione che le fornisce il coma, grazie a questa nuova estraneità, Marzia scopre un poco per volta come persone e situazioni, finalmente al riparo dai suoi approcci cinici e spietati e dalla sua ironia sempre al limite dell’arroganza, si rivelino ben diverse da come le aveva sempre giudicate.
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